I PROTAGONISTI
Altiero Spinelli
Altiero Spinelli
Farouk è uno studente universitario di 22 anni. Gli piace suonare la chitarra, giocare a calcio, ma soprattutto…ha una fervida immaginazione. Per superare l’esame di Storia dell’integrazione europea incontrerà degli aiutanti di eccellenza.
“Un articolo da scrivere, due ore a disposizione e zero idee. Se Altiero Spinelli sapesse che non so da dove incominciare per parlare di lui, non ci farei una bella figura!”
“Ah ragazzo, puoi ben dirlo! Ahah!”
“Vabbè, non c’è bisogno d’infie…MA LEI CHI E’??!!”
“Altiero Spinelli, qui per servirla!”….”Allora ragazzo, perché rimani imbambolato?!”
“Beh sa, non capita tutti i giorni di ritrovarsi davanti uno dei padri dell’Unione europea! Posso farle qualche domanda?”
“Cosa pensi sia venuto a fare? Certo e dammi del tu!”
“Allora, intanto per cominciare: perché sei finito in carcere così giovane?”
“Ero iscritto al Partito comunista e in quel periodo a causa delle leggi speciali contro gli oppositori politici, sono stato arrestato. Era il 1927 e avevo all’incirca la tua età. A quei tempi non c’era libertà di pensiero ed espressione e il regime fascista, che vincolava quotidianamente le nostre vite, si stava facendo sempre più forte. Era comune che chi, come me, si voleva interessare alla situazione politica nazionale, si trovasse ad agire nella clandestinità per non essere arrestato o peggio deportato o ucciso.”
“Perché se la situazione era così pericolosa hai deciso di rischiare tutto e di continuare a difendere i tuoi ideali?”
“Perché credo nella libertà e credo che cedere al pessimismo non debba essere un’alternativa. Durante i miei dieci lunghi anni di carcere ho avuto modo di leggere e trovare in alcuni autori risposte alle mie confuse domande di ventenne, che voleva migliorare il suo paese. Ho trovato in Weber una delle risposte: “il possibile non sarebbe stato raggiunto se nel mondo non si ritentasse sempre l’impossibile.””
“So che non sei stato solo in carcere, ma hai vissuto anche l’esperienza detentiva del confino nell’Isola di Ventotene. Oggi non esiste più e quindi volevo sapere cos’è il confino e come l’hai vissuto.”
“Il confino era una misura preventiva prevista nell'Italia fascista, era un provvedimento che poteva essere imposto anche senza la necessità di un processo regolare e di una condanna per un reato effettivamente commesso.
Sono arrivato sull’isola di Ventotene nel 1939 e nonostante le difficoltà, è stato proprio lì che ho avuto una grande occasione: entrare in contatto con uomini e donne che mi hanno cambiato la vita. Persone come Ernesto Rossi , Eugenio Colorni e Ursula Hirschmann, che diventò qualche anno dopo mia moglie. Inoltre ho iniziato una corrispondenza segreta con Luigi Einaudi che pubblicava sul Corriere della Sera una rubrica, Lettere di Junius, in cui denunciava la debolezza della Società delle Nazioni (oggi ONU) che si poneva come obiettivo la pace e la sicurezza internazionale senza istituire un vincolo di unione politica tra gli Stati. Gli Stati sarebbero tornati a farsi presto la guerra senza un potere al di sopra di essi. Gli Stati Uniti d’America, invece, sono diventati la potenza che oggi conosciamo quando hanno deciso di cedere la sovranità delle tredici ex-colonie ad un potere centrale, creando così una federazione.”
“Fu grazie a queste letture che sono maturate le idee contenute nel Manifesto di Ventotene?”
“Certamente, il Manifesto di Ventotene (“Per un'Europa libera e unita”) è un documento per la promozione dell'unità europea redatto da me e dai miei amici Ernesto Rossi e Eugenio Colorni. Si tratta del primo documento ufficiale dove abbiamo cercato di far emergere la necessità di istituire un'Unione europea di tipo federalista. Ci siamo resi conto che era necessario creare una forza politica esterna ai partiti tradizionali, inevitabilmente legati alla lotta politica nazionale, e quindi incapaci di rispondere efficacemente alle sfide della crescente internazionalizzazione. La linea di divisione fra partiti progressisti e partiti reazionari, infatti, non cade più lungo la linea formale della maggiore o minore democrazia, del maggiore o minore socialismo da istituire, ma lungo la linea che separa quelli che concepiscono come fine essenziale della lotta quello antico della conquista del potere politico nazionale e quelli che indirizzeranno le forze popolari verso il compito centrale della creazione di un solido stato internazionale.”
“Parlare di federalismo ora è un argomento molto controverso, ma cos'era per voi?”
“Abbiamo creato il Movimento Federalista Europeo, anche se non era facile in quegli anni cogliere l'importanza di questa nuova impostazione che andava oltre i “confini nazionali”. Eravamo un gruppo di antifascisti che aveva individuato nella battaglia per la creazione della Federazione europea, cioè degli Stati Uniti d’Europa, lo scopo prioritario della lotta politica per affermare stabilmente nel Vecchio continente la pace, la libertà, la democrazia e la giustizia sociale. Il nostro scopo era unire e non dividere le forze favorevoli all'unità europea. Avevamo un concreto progetto di azione politica che portavamo avanti per creare un potere sovranazionale di tipo federale che avrebbe fatto rientrare l'Europa da protagonista nel quadro internazionale.”
“Quindi perché NON HA FUNZIONATO?”
“Questa è una domanda a cui anche io ho difficoltà a rispondere, nonostante io abbia dedicato tutta la mia vita alla costruzione di un'Europa federale. Eravamo in molti all’epoca a credere in questo progetto, gli orrori della guerra ci avevano convinti che se noi, Stati europei, non eravamo in grado di fare la pace divisi, l’avremmo ottenuta stando uniti. Quando ero al Parlamento europeo ho proposto che la via da percorrere passasse prima per un'unione politica e solo successivamente per un'unione economica e monetaria: non esiste moneta senza Stato! Questo è uno dei difetti nel processo di integrazione europea che oggi vi trovate a fronteggiare e che, a causa della crisi economica, ha fatto perdere la fiducia delle nuove generazioni nelle ambizioni che ieri erano nostre e che oggi dovrebbero appartenere a voi. Inoltre i governi avendo paura di perdere la propria identità nazionale, attraverso la cessione della sovranità e la creazione di uno stato europeo, si sono sempre più allontanati da una visione europeista.
Ma voi ragazzi dovete continuare a costruire un'Europa che vi assomigli sempre di più, che vi apra più strade e che vi tuteli, attraverso la cooperazione e la solidarietà tra i paesi europei. E’ vero, la via da percorrere non è facile né sicura, ma deve essere percorsa e lo sarà!”
Sono quasi le 8 e la sveglia di Farouk sta per suonare…avrà abbastanza materiale per il suo articolo?
A cura di Farouk Dakhlaoui, Valentina Moro, Erica Crespiani e Angelica Radicchi